Profili evolutivi nell’applicazione del Protocollo 14 marzo 2020

In relazione alla tematica in oggetto indicata, si specifica quanto segue.
 
 
Premessa
Il Protocollo del 14 marzo 2020, integrato (ma non aggiornato) il 24 aprile 2020, è espressamente richiamato nei DPCM (nell’ultimo, del 7 agosto prorogato al 7 ottobre, all’art. 2 [1]) e figura nei relativi allegati.
Sul piano normativo, va ricordato che il decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 (Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito con la legge 14 luglio 2020, n. 74, richiama (art. 1, commi 14 e 15[2]) il rispetto dei Protocolli come condizione per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale, pena la sospensione dell’attività.
Il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nel testo introdotto dalla legge di conversione 5 giugno 2020, n. 40, assicura, all’art. 29 bis [3], la presunzione (relativa) del pieno rispetto degli obblighi (generici) introdotti dall’art. 2087 del codice civile laddove siano rispettati i protocolli (in primis, quello del 24 aprile 2020).
La normativa adottata dal legislatore per contrastare la diffusione del virus, se, per un verso, è indubbiamente solida nel conferire inderogabilità all’obbligo di rispettare i protocolli, per altro verso presenta evidenti aspetti evolutivi connessi alle modifiche della situazione, che devono necessariamente tenuti in adeguato conto.
Per questo motivo Confindustria nazionale ritiene necessario un aggiornamento dei contenuti del Protocollo o, comunque, una esplicita interpretazione evolutiva da parte della Pubblica amministrazione.
 
La diffusione del virus nei luoghi di lavoro
Questa esigenza sconta evidentemente l’attenta considerazione della situazione epidemiologica, la cui evoluzione non può non incidere sulle responsabili scelte del datore di lavoro.
Circa la diffusione del virus nei luoghi di lavoro, gli ultimi dati dell’Inail evidenziano la prevalente diffusione del virus tra gli operatori sanitari[4]: i dati confermano, quindi, la piena efficacia del rispetto dei Protocolli ai fini del contenimento del contagio nei luoghi di lavoro.
Da questa osservazione discende l’esigenza di mantenere sempre ferma la piena adesione al Protocollo e di non abbassare i livelli di tutela e di attenzione.
 
Il profilo interpretativo
In attesa che il legislatore o l’autorità amministrativa procedano all’aggiornamento o all’interpretazione evolutiva del Protocollo, sembra opportuno avanzare delle opzioni interpretative, confrontando la lettera e la ratio del Protocollo con lo sviluppo della normativa succedutasi fino agli atti più recenti, per valutare se alcuni profili possano essere attualizzati alla più recente regolamentazione ed alla situazione più aggiornata della pandemia.
 
È evidente che si tratta di ipotesi interpretative, che non possono sostituirsi alla formale modifica del Protocollo o alla sua formale interpretazione delle autorità amministrative, seppure siano sostenute da esplicite indicazioni normative sopravvenute e dalla coerenza complessiva delle disposizioni progressivamente ampliative.
 
Gli aspetti di maggiore interesse
 
Tre sono in particolare gli aspetti che appaiono meritevoli di analisi: la formazione, le riunioni e le trasferte.
La formazione
Nel Protocollo (punto 10) si afferma, in particolare, che “sono sospesi e annullati tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula, anche obbligatoria, anche se già organizzati; é comunque possibile, qualora l'organizzazione aziendale lo permetta, effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in smart work”.
È evidente la logica di cautela che anima la previsione e che tante questioni sta sollevando anche con riferimento alla riapertura delle scuole.
Tuttavia, la ripresa dell’attività produttiva si accompagna anche alla esigenza di formare le persone, con riferimento sia agli aspetti legati all’emergenza sia a quelli relativi alla sicurezza.
Confindustria ha quindi sollecitato un chiarimento del Ministero del lavoro finalizzato a superare il blocco espressamente indicato nel Protocollo, ovviamente nel rispetto delle norme relative alla tutela della sicurezza.
Il Ministero del lavoro, anche sulla base del parere del CTS[5], ha risposto positivamente[6].
Il DPCM del 7 agosto 2020, all’allegato 9, nella scheda tecnica dedicata alla “Formazione professionale”, ha regolato lo svolgimento della formazione (ivi espressamente compresa quella in materia di salute e sicurezza).
Il parere del Ministero del lavoro, quello del CTS e la specifica indicazione contenuta nel DPCM consentono di ritenere dunque definitivamente superata la questione inerente la possibilità di fare formazione in presenza, fermo restando l’evidente suggerimento di preferire la videoconferenza in modalità sincrona laddove possibile.
 
Le riunioni
Il Protocollo del 24 aprile 2020 (punto 10) dispone che “non sono consentite le riunioni in presenza.  Laddove le stesse fossero connotate dal carattere della necessità e urgenza, nell'impossibilità di collegamento a distanza, dovrà essere ridotta al minimo la partecipazione necessaria e, comunque, dovranno essere garantiti   il distanziamento interpersonale e un'adeguata pulizia/areazione dei locali”.
 
Il Decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito nella legge 14 luglio 2020, n. 74, all’articolo 1, comma 10, prevede che “le riunioni si svolgono garantendo il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”.
 
Il DPCM 7 agosto 2020, nella scheda relativa agli uffici (pubblici e privati) prevede che “per le riunioni (con utenti interni o esterni) vengono prioritariamente favorite le modalità a distanza; in alternativa, dovrà essere garantito il rispetto del mantenimento della distanza interpersonale di almeno 1 metro e, in caso sia prevista una durata prolungata, anche l’uso della mascherina”.
 
Tra le risposte del Governo alle richieste di chiarimenti, si evidenzia quella relativa alla possibilità di riunire assemblee (da quelle societarie a quelle condominiali)[7].
 
Il carattere non assoluto della preclusione allo svolgimento delle riunioni in presenza evidenziato nel Protocollo e le espresse aperture di ordine normativo e regolamentare, unitamente alla ripresa delle attività produttive e al riavvio della formazione, inducono a ritenere che, salvo l’ovvio rispetto delle regole fondamentali (distanziamento, mascherina, igiene personale, sanificazione ed aerazione adeguata degli ambienti, aerazione, flussi in entrata ed uscita dai luoghi chiusi, etc), le riunioni siano ormai possibili.
 
Le trasferte
 
Secondo il punto 8 del Protocollo del 24 aprile 2020, “sono sospese e annullate tutte le trasferte/viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate”.
 
Si tratta dell’aspetto sicuramente più delicato, perché molta parte dell’attività economico-produttiva è legata alla commercializzazione dei prodotti ed alla vendita, installazione e manutenzione degli stessi, così come è legata all’esecuzione degli appalti, sul territorio nazionale ed all’estero.
 
A fronte del divieto assoluto presente nel protocollo, comprensibile per la contingenza in essere alla metà del mese di marzo 2020, ed ancora presente, ad esempio, nel DL n. 33/2020 (art. 1), successivamente il tema è stato profondamente rivisto nella normativa e nella regolamentazione introdotta dai DPCM.
 
Le limitazioni degli spostamenti all’interno del Paese sono ormai venute meno mentre residuano quelle da e verso i Paesi esteri, regolate dalle disposizioni degli articoli 4, 5 e 6 del DPCM 7 agosto 2020. La disciplina delle trasferte per lavoro è espressamente presa in considerazione, tanto che la motivazione dello spostamento per motivi di lavoro costituisce espressa deroga ai divieti di spostamento (art. 4, comma 1, lett. a)) e, in alcune ipotesi, anche agli obblighi in caso di ingresso o di uscita dall’Italia (art. 6, comma 6, lett. d) e comma 7, lett. a, c, e ed f).
 
Dunque, il divieto di spostamento per motivi di lavoro è stato progressivamente ridotto e poi regolato per via normativa, superando così il rigoroso divieto comprensibilmente contenuto nel Protocollo del 14 marzo 2020 ed ancora presente, in mancanza di aggiornamenti, nel Protocollo del 24 aprile 2020.
 
Oggi, dunque, venuto meno il divieto assoluto indicato nel Protocollo, le trasferte per motivi di lavoro sono espressamente regolate dal DPCM 7 agosto 2020, prorogato al 7 settembre.
 
Inoltre, Confindustria, nella consapevolezza dell’importanza fondamentale dello strumento della trasferta e, allo stesso tempo, della esigenza di assicurare la piena tutela ai lavoratori che si spostano per motivi di lavoro, ha formalmente chiesto ai Ministeri competenti di ampliare temporalmente l’ipotesi di deroga alla quarantena (attualmente riferita esclusivamente alle trasferte della durata massima di 120 ore) e – per le trasferte di durata superiore - di sostituire la quarantena con l’esecuzione del tampone molecolare.
 
È evidente che, laddove si decida di organizzare una trasferta, occorrerà tener conto dell’andamento della pandemia e delle conseguenti misure adottate nei Paesi destinatari delle trasferte così come occorrerà gestire opportunamente le trasferte di personale straniero in Italia, dando piena attuazione alle disposizioni inerenti le condizioni di ingresso nel nostro Paese e, poi, in azienda.
 
 
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[1] Art. 2: “Sull'intero territorio nazionale tutte le attività produttive industriali e commerciali, fatto salvo quanto previsto dall'art.  1, rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e  le  parti  sociali  di  cui  all'allegato  12, nonché,  per  i  rispettivi  ambiti  di  competenza,  il  protocollo condiviso di regolamentazione per il  contenimento  della  diffusione del COVID-19 nei cantieri, sottoscritto il  24  aprile  2020  fra  il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali, di cui all'allegato 13, e il protocollo condiviso di  regolamentazione  per  il  contenimento della diffusione del COVID-19  nel  settore  del  trasporto  e  della logistica sottoscritto il 20 marzo 2020, di cui all'allegato 14”.
[2] Art. 1, commi 14 e 15: “Le attività economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attività economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, con provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 o del comma 16. 15. Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, di cui al comma 14 che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza”.
[3] Art. 29-bis (Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19).”Ai  fini della tutela contro il rischio  di  contagio  da  COVID-19, i datori  di  lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di  regolamentazione  delle  misure  per  il contrasto e il  contenimento  della  diffusione  del  COVID-19  negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e  negli altri protocolli e linee guida di cui all'articolo 1, comma  14,  del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l'adozione e il mantenimento  delle  misure  ivi  previste.  Qualora   non   trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
[4] Inail, Ottavo rapporto del 21 settembre 2020. “Rispetto alle attività produttive (classificazione delle attività economiche Ateco- Istat 2007) coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili…) registra il 71,2% delle denunce; seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl - e amministratori regionali, provinciali e comunali) con il 9,0%; dal noleggio e servizi di supporto (servizi di vigilanza, di pulizia, call center,…) con il 4,4%; dal settore manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici, farmaceutici, stampa, industria alimentare) con il 2,9% e dalle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione con il 2,5%. Con la graduale ripresa delle attività a partire dal mese di maggio, si osserva una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi di contagio nel settore della sanità e assistenza sociale (che passa infatti dal 71,6% del periodo marzo-maggio, al 56,0% di giugno-agosto e al 47,2% nel solo mese di agosto) ed un incremento della quota di denunce in quelle attività economiche che, soprattutto nel periodo estivo, hanno avuto una crescita di lavoro come i servizi di alloggio e ristorazione (passati dal 2,5% di marzo-maggio, al 4,3% di giugno-agosto, con il 5,0% solo ad agosto) o il noleggio, le agenzie di viaggio e i servizi di supporto alle imprese (rispettivamente 4,3%, 7,7% e 13,7%)”. “L’analisi per professione dell’infortunato evidenzia la categoria dei tecnici della salute come quella più coinvolta da contagi, con il 39,7% delle denunce (più di tre casi su quattro sono donne), oltre l’83% delle quali relative a infermieri. Seguono gli operatori socio-sanitari con il 20,9% (l’81,5% sono donne), i medici con il 10,2%, gli operatori socio-assistenziali con l’8,9% e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8%. Il restante personale coinvolto riguarda, tra le prime categorie professionali, impiegati amministrativi (3,1%), addetti ai servizi di pulizia (1,9%) e dirigenti sanitari (1,0%). Anche per le professioni, si osserva una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi di contagio nella categoria dei tecnici della salute (che passa infatti dal 40,3% del periodo marzo-maggio, al 29,2% di giugno-agosto) e dei medici (passati dal 10,4% di marzo-maggio al 4,5% di giugno-agosto) ed un incremento della quota di denunce per gli operatori socio assistenziali (passati dall’8,9% di marzo-maggio al 13,4% di giugno-agosto), per il personale non qualificato nei servizi di pulizia (passati dall’1,9% di marzo-maggio al 2,8% di giugno-agosto), per gli esercenti dei servizi di albergo e ristorazione (passati dallo 0,6% di marzo-maggio all’1,7% di giugno-agosto, con il 3,5% solo ad agosto) e per gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (passati dallo 0,5% di marzo-maggio all’1,2% di giugno-agosto, con il 2,6% solo ad agosto)”.
[5] Parere del CTS: https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/Covid-19/Documents/Stralcio-Verbale-82-del-28052020-formazione-lavoro.pdf
[6] “Come già chiarito da questo Ministero, la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro riveste carattere di particolare importanza, anche in relazione a specifici obblighi previsti dalla normativa di settore.
Pertanto, con la ripresa delle attività produttive, nei casi in cui non vi siano oggettivamente le condizioni per attivare modalità in videoconferenza sincrona per svolgere la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero quando sia necessario svolgere sessioni obbligatorie pratiche dei corsi di formazione, è possibile svolgere attività formativa in presenza, a condizione che siano adottate idonee misure di contenimento del rischio di contagio, quali ad esempio:
• utilizzo di locali dotati di adeguata areazione;
• distanziamento fisico di almeno 1 metro;
• utilizzo della mascherina chirurgica;
• accessibilità all'igiene frequente delle mani;
• garanzia dell'igiene delle superfici;
• in particolare, in presenza di utilizzo di macchine o attrezzature di lavoro, adeguata igienizzazione e disinfezione tra un utilizzo e l'altro secondo le specifiche indicazioni emanate dall'Istituto Superiore di Sanità.
Tali indicazioni trovano altresì applicazione per la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza rivolta alle figure della prevenzione. Anche in tali casi rimane da preferire, in questa fase, la modalità a distanza di "videoconferenza in modalità sincrona" anziché la formazione "in presenza", fatta eccezione per i moduli formativi che espressamente prevedono l'addestramento pratico, come per gli addetti al primo soccorso in azienda.
Anche in questi casi, che richiedono lo svolgimento di attività formative "in presenza", sarà necessario il pieno rispetto di tutte le misure di contenimento del rischio indicate in precedenza.
Tali indicazioni sono state confermate dal Comitato Tecnico Scientifico operante presso il Dipartimento della Protezione Civile, che - nella riunione del 28 maggio 2020 - si è espresso su uno specifico quesito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il parere allegato”.
 
[7] “Le assemblee di qualunque tipo, condominiali o societarie, ovvero di ogni altra forma di organizzazione collettiva, possono svolgersi in “presenza fisica” dei soggetti convocati, a condizione che siano organizzate in locali o spazi adeguati, eventualmente anche all’aperto, che assicurino il mantenimento continuativo della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro fra tutti i partecipanti, evitando dunque ogni forma di assembramento, nel rispetto delle norme sanitarie di contenimento della diffusione del contagio da COVID-19.
Resta ferma la possibilità di svolgimento delle medesime assemblee da remoto, ove ciò sia compatibile con le specifiche normative vigenti in materia di convocazioni e deliberazioni”.
 
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Si indica, di seguito, il recapito presso l’Associazione a disposizione per eventuali, ulteriori chiarimenti:
 
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